Grillo frena sulle cause: Offre agli espulsi rientro e candidatura

Grillo fa marcia indietro: spaventato dagli effetti dalle cause, offre agli espulsi il rientro e la candidatura.

E per il dibattito alla Camera il M5S cambia idea anche sull’articolo 18 e tronca l’asse con i bersaniani e la sinistra.

Beppe Grillo
Beppe Grillo

di Ilario Lombardi

da POLITICAdeMENTE il blog di Massimo Del Mese

ROMA – L’epuratore Beppe Grillo ha ceduto. Gli espulsi possono rientrare nel M5S. Meglio così, avrà pensato il comico, meglio mettere un argine prima del tempo alla valanga di ricorsi che da due anni puntano dritto verso la casa di Sant’Ilario. Grillo, d’accordo con Davide Casaleggio, ha dato mandato all’avvocato Paolo Morricone di proporre una transizione ampia agli ex iscritti napoletani che in massa furono messi alla porta dal Movimento. Bastò una banalissima email, una comunicazione simile a quella che si invia per disdire un abbonamento telefonico.

Un affronto considerato poco dignitoso e illiberale dai ventitrè attivisti napoletani, che li ha convinti a intraprendere una battaglia legale che si protrae da oltre un anno sotto la guida dell’avvocato Lorenzo Borrè, ormai un vero e proprio sinonimo di grane giudiziarie per Grillo. Nel luglio 2016, la prima sentenza conferma che le espulsioni sono irregolari e ordina con provvedimento cautelare il reintegro degli attivisti. I giudici accolgono la tesi dei ricorrenti, secondo i quali il regolamento del 2014 che dà potere di espulsione al capo politico è illegittimo perché non ratificato dall’assemblea degli associati (gli iscritti in Rete) «come previsto per ogni decisione – sostiene Borrè – dall’originario non-statuto, datato 2009 e voluto da Gianroberto Casaleggio».

Passato oltre un anno, come raccontato dal Corriere del Mezzogiorno, l’avvocato Morricone ha formulato una proposta per attuare il reintegro e chiudere la faccenda. L’ipotesi di transizione, formalizzata davanti al giudice civile in camera di consiglio, prevede il rientro degli attivisti, il pagamento delle spese legali (circa diecimila euro) e la garanzia di poter partecipare alle primarie per le candidature alle prossime politiche. Un posto, o quasi, in lista che in realtà è semplicemente conseguente alla loro riabilitazione. Sembrerebbe una vittoria su tutti i fronti. E invece non è così.

Il gruppo dei ricorrenti si è spaccato: in quindici hanno accettato la transizione, una soluzione considerata minimalista da Borrè che per questo ha rinunciato al mandato di difenderli. Gli altri – che l’avvocato continua ad assistere – non si accontentano: un gruppo di cinque chiede anche l’annullamento del regolamento, mentre due non intendono rinunciare all’invalidazione delle primarie napoletane del 2016 da cui si considerano «illegittimamente esclusi». «L’unica transizione possibile per i miei assistiti ci sarà quando il M5S riconoscerà nullo il regolamento del 2014 – spiega Borrè alla Stampa – È il vero campo di battaglia. Ma Grillo e Casaleggio sanno che se cade quello cade tutto l’impianto». Perché tutti i provvedimenti di espulsione e le decisioni calate dall’alto si fondano su quel codice.

In attesa di future e ancor più radicali retromarce, quello di Napoli, però, resta un precedente importante. Perché, alla luce di ricorsi del genere che si sono moltiplicati in altre città italiane, rivela i timori giudiziari e i ripensamenti di Grillo su regole già più volte modificate.

Nessuna paura, invece, sembrano avere i grillini guidati da Luigi Di Maio in Parlamento. Nessuna paura di troncare, addirittura con due post sul blog di Grillo, ogni ipotesi di asse con Mdp e Sinistra italiana. Il primo post serve a chiarire che non ci saranno alleanze né con la sinistra né con la Lega e che il M5S correrà da solo. Il secondo attacca la legge sul ritorno dell’articolo 18 proposta da Mdp-Si in commissione Lavoro. Strano, perché qualche deputato grillino aveva assicurato ai bersaniani di volerla votare. La legge, a quanto si apprende, avrebbe però creato una spaccatura dentro il M5S perché introdurrebbe l’articolo 18, quindi il reintegro in caso di licenziamento, anche per le aziende sotto i 15 dipendenti, che in Italia sono la maggioranza e per cui già secondo i vecchi criteri è previsto solo l’indennizzo.

Per un gruppo di deputati del nord-est, soprattutto veneti, e per lo stesso Di Maio, la soluzione offerta dalla sinistra è un colpo alla piccola e media impresa. Una categoria a cui il candidato premier del M5S, seguendo le indicazioni di Casaleggio padre, vuole dare garanzia di ascolto, anche per soffiare voti ai leghisti. «Nessun soccorso rosso» u: il M5S che si becca dell’«utile idiota del sistema» da un deluso Nicola Fratoianni, leader di Si: «Usano le stesse argomentazioni di Silvio Berlusconi. E sui diritti dei lavoratori sono come Renzi».

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Roma, 11 novembre 2017

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