Inaugurato a Capaccio-Paestum un Tempio per la comunitá religiosa indiana Ravidassia.
La numerosa comunità di Indiani Ravidassia presente in tutta la Piana del Sele può contare su un proprio luogo aggregativ e di culto. Il credo della comunità religiosa: “Vogliamo rispettare tutte le religioni, amare l’umanità e vivere un’esistenza virtuosa!“
di Marco Naponiello
da POLITICAdeMENTE il blog di Massimo Del Mese
CAPACCIO-PAESTUM – Domenica 20 novembre la comunità Ravidassia della Piana del Sele ha inaugurato il suo tempio a Capaccio, un semplice capannone in via Feudo, Tempa San Paolo. A partire dalle 9.00 fino al tardo pomeriggio, i fedeli sono arrivati a questo importante appuntamento. Molti hanno dovuto chiedere un permesso dal lavoro. Si sono presentate intere famiglie, donne con i loro coloratissimi abiti tradizionali impreziositi da ricami, tanti bambini, uomini vestiti all’occidentale con il capo coperto da turbante o da una bandana arancione (colore della spiritualità): il coprirsi il capo è un segno di rispetto per il luogo di preghiera, come il togliersi le scarpe. Gli ospiti anche loro devono coprirsi il capo e togliersi le scarpe, ma sono liberi di entrare nel tempio e fotografare.
Insieme ai fedeli, pure un gruppo di rappresentanti della FLAI CGIL di Salerno e Caserta. Offrono ai lavoratori assistenza gratuita, distribuiscono stampati in lingua punjabi con le principali norme di legge e contrattuali. Tra gli ospiti donore anche lebolitana Sofia Masillo, insegnate liceale e dirigente cittadina dell’associazione culturale Libertà e Giustizia, la quale ha ricevuto una targa commemorativa.
Appena arrivati, ospiti e fedeli tutti sono invitati nel Langar, la cucina comunitaria che si trova nei templi, e viene loro offerto del cibo dolce e salato, thè speziato, acqua o aranciata (l’alcool non è ammesso) che si consuma seduti per terra, in segno di uguaglianza. Il “langar” serve a creare uguaglianza sociale fra l’intero genere umano. Essa è un luogo in cui persone di estrazione sociale alta e bassa, ricchi e poveri, istruiti e ignoranti, re e mendicanti, o di altre religioni condividono tutti lo stesso cibo, sedendo insieme, serviti dagli uomini che fanno servizio incessantemente, distribuendo vassoi e bicchieri, cibo e bevande. Nel tempio, sotto un baldacchino riccamente adornato, è collocato il Libro sacro, che contiene la parola di Dio come è stata predicata dai Guru (parola che significa maestro). Alle pareti, poster con le immagini dei santi Guru, a partire da Ravidas (il Guru da cui prende il nome la religione qui praticata). Il responsabile del luogo di culto, Vijay Kumar, guida la preghiera dei fedeli. Più tardi, musicisti e cantanti aggiungono il loro contributo artistico, eseguendo canti tradizionali.
Questa liturgia appartiene al culto Ravidassia ed è stata fondata da un gruppo di Sikh dissidenti, che vogliono agevolare chi si trova ai margini della società. Tutto è iniziato da una setta radicale dei Sikh denominata Dera Sachkhand Ballan, formata soprattutto da Intoccabili (Dalits), che si trovano in fondo alla piramide sociale dell’Indiana. Essi sono cosi denigrati nella considerazione generale che per essi non cè posto neanche nelle 4 caste ordinarie. La nuova compagine religiosa ha un proprio libro sacro, che ha sostituito il Granth Sahib dei Sikh, e un proprio simbolo, ovvero l Har, l’Onnipotente. Vogliamo rispettare tutte le religioni, amare l’umanità e vivere un’esistenza virtuosa, ha raffermato un portavoce di Radivassia. ll credo dei Sikh e del suo fondatore guru Nanak iha la sua ratio sociale come ribellione al sistema delle caste. Infatti credenti Sikh non condividono tale ingiusta strutturazione, nata nell’alveo dell’induismo e la quale separa rigidamente la società in una sorta di compartimenti stagni che stabiliscono a priori dove si deve vive, chi sposare o i tipo di attività da svolgere, il tutto in una ottica altamente limitante per il resto della propria esistenza. Questi credenti invece, mirano a dar dignità alle caste inferiori che da secoli vivono nelloppressione e prendono spunto del guru Ravidass, anchegli nel quindicesimo secolo, secondo la sua dottrina le persone dovrebbero essere giudicate prevalentemente in base ai loro meriti personali e non a seconda della casta di provenienza.
I templi Ravidassia, come quello inaugurato nella cittadina della Piana del Sele non sono soltanto luoghi di culto, ma anche di socializzazione e di collegamento con le istituzioni italiane. Infatti si raccolgono fondi per la Comunità o i singoli, si tengono corsi di lingua punjabi, si mangia nella di Amritsar del 1984), proseguita poi per motivi economici, limmigrazione indiana si sviluppa quasi sempre attraverso la rete familiare o di villaggi. La maggioranza degli immigrati è Punjabi, per lo più di religione Sikh (circa 70.000, dati riportati dal sito web Sikh Channel-TV inglese specializzata in programmi sui Sikh- ma anche da alcuni leader locali della Comunità)
I Ravidassia sono seguaci del Guru Ravidas venivano spesso confusi con i Sikh, poiché venerano lo stesso Libro Sacro, il Guru Granth Sahib, in cui sono contenuti gli inni del loro Guru Ravidas. Negli ultimi anni hanno preso le distanze dal Sikhismo e stanno affermando la propria identità, grazie anche ad un miglioramento delle proprie condizioni economiche, legate sia alla politica delle quote riservate, che allemigrazione. Essi sono infatti dalit, cioè appartengono a caste basse e per questo lavorano tradizionalmente il cuoco, mestiere considerato in India impuro. I Ravidassia che vivono nel distretto della concia nella Provincia di Vicenza, lavorano il pellame; in altre regioni, come la Campania, sono impiegati come braccianti agricoli o come allevatori di bestiame. In Italia ci sono 9 templi (Gurghar) dei Ravidassia.
I Punjabi hanno una consolidata storia di migrazione, fin dal momento in cui la Partition divise il loro territorio tra India e Pakistan. Molti, allora, scelsero la via del Canada o del Regno Unito. Una minoranza è arrivata in Italia a seguito dei disordini politici e sociali in Punjab negli anni 80 Questi primi migranti hanno aperto la strada ai successivi. La maggioranza è emigrata per ragioni economiche, a causa della stagnazione dellagricoltura e del calo di produttività della terra, dovuto al fortissimo ed incessante dissesto idro-geologico (sprofondamento delle falde acquifere e inquinamento), alluso massiccio di fertilizzanti e pesticidi, alla diffusione delle monocolture di riso e grano, che ora coprono fino al 75% delle aree coltivabili e hanno impoverito il suolo .
Sono infatti quasi scomparse le produzioni di semi da olio, canna da zucchero, legumi ed è stata dimezzata la coltivazione del cotone. Solo per citare un esempio, la produzione dei legumi è passata dal 19% circa (anni 60), allo 0,69% circa (dal 2000 in poi). La caratteristica più interessante di questa Comunità è la specializzazione; sono riusciti a ritagliarsi un ruolo pressoché esclusivo in ambiti tendenzialmente poco attraenti per i lavoratori italiani e a creare vere e proprie “nicchie etniche” nei settori di agricoltura e cura del bestiame: il 30% circa lavora nella produzione del latte, soprattutto dei Sikh. In alcune zone,come per esempio nella Piana del Sele, il 100% dei mungitori di bufale è punjabi , di religione Sikh o Ravidassia (dati forniti dalla CGIL di Eboli).
Senza di loro la produzione di Parmigiano Reggiano, Grana Padano e Mozzarella di bufala (tanto per citarne alcuni), si fermerebbe. Inseriti nelle aziende zootecniche negli anni 80 e 90, da allora reclutano e formano i connazionali, spesso parenti; in questo modo si crea la cosiddetta nicchia etnica. Sono universalmente considerati lavoratori affidabili, accettano turni estremamente faticosi e vengono aiutati dai figli e dalle mogli, quando queste ultime non svolgono invece lavoro a domicilio, come sartoria, finitura e confezionamento (es, nel distretto industriale tessile di Carpi e Modena). I salari, in passato più alti, consentivano ricongiungimenti familiari e investimenti in India; ora , data la crisi, la situazione è cambiata in peggio.
Gli studenti indiani inoltre si distinguono per avere uno dei tassi di abbandono scolastico più basso (6,3%) tra gli immigrati, ma gli adulti parlano ancora troppo poco litaliano e ciò crea grosse difficoltà soprattutto nei rapporti con lamministrazione pubblica e in particolare con le strutture ospedaliere. A causa dellisolamento in cui vivono nelle campagne e della mancanza di corsi di lingua italiana mirati, nonostante gli sforzi e le brillanti iniziative di alcuni Comuni particolarmente aperti allintegrazione e allinterculturalità (es. Comune di Novellara, Reggio Emilia), la situazione resta critica, soprattutto tra le donne e gli anziani che faticano ad integrarsi.
Il caso di questa comunità, considerata ripewtiamolo, da tutti tranquilla, affidabile e lavoratrice, dovrebbe indurre le amministrazioni locali a fare tutto il possibile per rimuovere gli ultimi ostacoli linguistici, al fine di una piena integrazione, perché, come recita il titolo di un libro dedicato al pensiero di Don Lorenzo Milani, La parola fa eguali’. Giorgia Cantele Numerose comunità Sikh e Ravidassia della Piana del Sele sono conosciute ad Eboli grazie alla mostra fotografica I Sikh. Storia, fede e valore nella Grande Guerra tenuta al MOA (Musuem of Operation Avalanche) nel marzo di questanno, con il contributo organizzativo di Libertà e Giustizia. La mostra, inaugurata a Roma nel dicembre 2015, portata dopo Eboli in varie città, è opera della prof. Tiziana Lorenzetti (presidente dellISAS, International institute of South Asian Studies) di Roma e della dott. Giorgia Cantele (indologa, socia fondatrice dell’ISAS, collaboratrice di Radio Radicale come esperta di India, già docente di lingua italiana a Delhi, presso la Delhi University, Jamia MilliaIslamia University e Jawaharlal NehruUniversity). Allinaugurazione della mostra era presente, oltre alla dott. Cantele e allaprof. Lorenzetti, il Primo segretario dell’Ambasciata indiana in Italia Sri Amit Verma. In occasione della mostra la comunità sikh ha offerto generosamente alla cittadinanza italiana un apprezzato esempio della cucina tradizionale punjabi, unesibizione di arti marziali sikh (Gatka) di un gruppo proveniente dalla comunità di Brescia, canti tradizionali e danze di un gruppo proveniente dalla Puglia. Una delegazione della comunità sikh della Piana, il mese scorso ha preso parte ad un incontro di preghiera organizzato dai Francescani di Eboli, al quale erano presenti fedeli delle diverse religioni praticate nel nostro vasto territorio (cristiani cattolici, ortodossi, evangelici, musulmani, buddisti), in un toccante clima di olistica comprensione.
N.B. : cenni storici tratti dall’articolo della D.ssa Cantele, pubblicato sul catalogo della mostra fotografica presentata ad Eboli a marzo al MOA titolata: I Sikh. Storia, fede e valore nella Grande Guerra.
Capaccio, 25 novembre 2016