Insieme X Eboli in un documento politico di 10 punti si schiera: “Civicamente, esprimiamo il nostro “NO” alla Riforma Costituzionale”.
Dopo il Nuovo PSI di Di Benedetto anche l’Associazione politica “Insieme X Eboli” di Pansa, Merola e Manzione si schiera contro la Riforma Costituzionale, e mentre il Sindaco cariello si è schierato per il SI, si allarga il fronte del NO nella Maggioranza.
da POLITICAdeMENTE il blog di Massimo Del Mese
EBOLI – Si apre un’altra falla politica all’interno della maggioranza, e galeotta è stata la Riforma costituzionale. Infatti dopo che il Sindaco di Eboli Massimo Cariello è uscito allo scoperto e si è schierato apertamente a favore del “SI“, il Gruppo consiliare del Nuovo Psi, del quale il Vice Sindaco Cosimo Pio Di Benedetto ne è anche coordinatore provinciale, al contrario si è schierato ufficialmente per il NO, e a distanza di soli due giorni anche l’Associazione “Insieme X Eboli” si schiera contro le Riforme della Legge Renzi-Boschi e prende le distanze dal Sindaco.
Un “NO” che non lascia dubbi ad interpetrazioni, ma che apre un fossato politico che vede da una parte Cariello e dall’altra i Partiti e le Associazioni che compongono la sua maggioranza. Il Presidente Roberto Pansa, con il Capogruppo consiliare Pierluigi Merola e l’Assessore comunale alle Attività produttive Maria Sueva Manzione insieme a tutti i componenti dell’Associazione “Insieme X Eboli” non solo si sono schierati e votano per il NO alle Riforme Costituzionali, ma la loro decisione è supportata da 10 corpose motivazioni, che ne rafforzano la portata politica, rendendo più profondo quel “fossato” che con questo Referendum è emerso anche in questa maggioranza, la quale sebbene ha sempre ostentato il suo carattere predominante di civismo, non ha potuto fare a meno di essere contaminata dal seme della Politica.
Ma questa divaricazione ovviamente non compromette la tenuta della maggioranza, e chi magari vorrebbe immaginare un suo indebolimento ne resterebbe deluso, tuttavia, poichè la stessa non ha o meglio non vuole avere una sua precisa connotazione politica, da oggi in poi dovrà fare i conti con questo e altri temi che sono squisitamente politici e che dai e dai, oltre alla profondità allargano anche quel “fossato” rendendo impossibile gli avvicinamenti una volta che si è scelta la sponda.
E così quelle ragioni politiche che stanno emergendo fanno la differenza ed indicano anche che vi è in atto una “evoluzione” politica per niente trascurabile e che nel caso di “Insieme X Eboli” si concretizza in un documento di 10 punti che qui di seguito sottolinea la loro convinzione a sostegno del “NO“.
«Come sappiamo, – si legge nel comunicato che precede il ocumento Politico dell’Associazione “Insieme X Eboli” – in sede di consultazione referendaria il giudizio «politico» e di merito del testo di riforma si esprime con una pronuncia secca “Sì oppure No” bisognoso, in ogni caso, di una riflessione frutto di informazione adeguata e sottratta a impulsi emotivi appartenenti alle bandiere politiche.
La nostra Associazione, avendo piena consapevolezza della importanza di tale voto referendario, a seguito di un confronto al proprio interno, valutando ogni singolo aspetto della riforma costituzionale, è giunta alla conclusione di dover esprimere la propria idea, rimarcando la totale autonomia di pensiero rispetto a valutazioni politiche che entrano nel merito della questione.
Le ragioni del nostro “NO” si sostanziano nell’idea che questa riforma non porta a nessun cambiamento reale e concreto, bensì creerà ancora più confusione alimentando conflittualità che si ripercuoteranno anche sulla politica amministrative degli Enti. Infatti è stato approvato un testo frutto di un compromesso al ribasso, in quanto il Governo in carica ha preferito procedere badando più alla ricaduta mediatica della riforma, anziché curare i contenuti e la forma che avrebbero richiesto un approfondimento più preciso e coraggioso.
Prima di una qualunque riforma sarebbe stato opportuno interrogarsi sul perché della errata o mancata applicazione di quanto previsto dalla nostra Costituzione.
Anche a noi non piace l’attuale assetto e vorremmo che si migliorasse verso una semplificazione dell’iter legislativo, diminuendo i costi della politica ed eliminando tante strutture burocratiche inutili, ma le modifiche apportate non riteniamo vadano nella direzione della nostra idea di cambiamento. Infatti, sarebbe stato più logico affrontare, in primis, una discussione su una diversa forma di ordinamento, passando da una “Repubblica Parlamentare” a una “Repubblica Presidenziale o Semi-Presidenziale“, e in base a tale nuovo assetto modificare gli articoli della Costituzione in modo organico e funzionale.
Pertanto – onclude il Comunicato stampa – invitiamo i cittadini ebolitani a recarsi alle urne il 4 dicembre prossimo e votare “NO” a questa finta riforma. Insieme X Eboli lo farà nella compattezza dei suoi partecipanti e con la messa a disposizione del proprio bagaglio elettorale».
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ASSOCIAZIONE “INSIEME X EBOLI”
DOCUMENTO POLITICO
LE RAGIONI DEL “NO” ALLA RIFORMA COSTITUZIONALE
Lo scorso gennaio il Parlamento ha definitivamente approvato il disegno di legge di revisione costituzionale riguardante il superamento del bicameralismo paritario e la ridefinizione delle competenze legislative dello Stato e delle Regioni. Su tale provvedimento di modifica della II parte della Costituzione il corpo elettorale sarà chiamato a esprimere il proprio consenso o, al contrario, la propria opposizione, nel referendum fissato per il prossimo 4 Dicembre. In linea con la propria vocazione statutaria e con l’impegno civico e politico/istituzionale intrapreso fin dalla sua fondazione, “Insieme X Eboli” ha ritenuto di predisporre un documento che si propone di offrire argomenti di riflessione sul processo riformatore, con l’intento di giungere ad una chiara presa di posizione, fornendo al proprio elettorato di riferimento elementi auspicabilmente utili alla maturazione di un pensiero critico verso la riforma oggetto della prossima tornata referendaria.
Ciò premesso, fin da subito, è opportuno evidenziare che non è affatto agevole esprimere un giudizio sintetico sulla revisione costituzionale approvata dalle Camere, oggi sottoposta a referendum confermativo. Anche l’acceso dibattito degli ultimi tempi finisce con l’attestare la difficoltà di una simile impresa. Da una parte v’è chi sottolinea con insistenza che, dopo troppi tentativi andati a vuoto, la presente occasione di riforma vada colta senza indugio, se si vuole ammodernare la struttura istituzionale del paese, rifuggendo dai «conservatorismi nostalgici» a difesa di una Costituzione ormai invecchiata in più punti. Dalla parte opposta si segnala invece che la revisione in atto, condotta senza la necessaria solennità dibattimentale rispetto all’oggetto e approvata dalla sola maggioranza governativa, rischia di modificare, con gli istituti, anche alcuni architravi del nostro sistema costituzionale, fra i quali le nozioni di pluralismo istituzionale e di autonomia regionale, i modi della rappresentanza, la funzione del governo, gli equilibri dei ruoli di garanzia.
Tenuto conto di tali obiettive difficoltà, tuttavia, “Insieme X Eboli” rende il suo contributo, con l’auspicio che possa essere utile alla comune riflessione e al personale discernimento a favore delle ragioni del NO.
La comprensibile esigenza di alcuni ritocchi alla seconda parte della Costituzione, emersa anche con forza nell’ultima stagione politica nazionale, non giustifica affatto la diffusa retorica secondo cui una riforma sarebbe comunque preferibile al mantenimento dello status quo. Del resto, va anche detto che molte criticità odierne della politica e delle istituzioni sono da imputarsi non alla Carta del 1948, bensì a un preoccupante calo di cultura civile e politico-istituzionale tanto nei partiti quanto in vasti settori dell’apparato statuale, delle autonomie locali, della pubblica amministrazione.
Prima di una qualunque riforma sarebbe stato opportuno interrogarsi sul perché della errata o mancata applicazione di quanto previsto dalla nostra Costituzione.
A questo punto, crediamo che per operare un sereno e corretto discernimento tra le ragioni del Si o del NO è doveroso, in primis, chiedersi : il testo oggetto del referendum di dicembre fornisce risposte adeguate alle nuove istanze istituzionali e socio-politiche nel pieno rispetto dello spirito democratico della Costituzione? Esso, in un’ottica dei «valori da preservare» e degli «istituti da riformare», mantiene fede all’idea di una Carta costituzionale «amica», «compagna di strada» per ogni soggetto politico sia che si trovi, in un dato momento storico, in maggioranza o all’opposizione?
Occorre muovere subito un rilievo critico in ordine al metodo adottato e che ci ha condotto al referendum, così sintetizzabile: in un processo di riforma costituzionale l’eventuale protagonismo assunto dal governo fa sì che il «quesito implicito» (la fiducia all’esecutivo) prevalga su quello «esplicito» (il merito della riforma). È quanto si è verificato nel caso nostro, con il rischio, tutt’altro che secondario, d’interpretare l’appello referendario come una sorta di plebiscito nei confronti della compagine governativa e, più precisamente, del Presidente del Consiglio dei Ministri. Del resto, proprio il Governo nazionale, nonostante il recente tentativo di smorzare un po’ i toni, ha conferito questo significato alla consultazione di dicembre.
Sulla futura composizione del Senato, che prevede 74 senatori-consiglieri regionali, 21 senatori-sindaci e 5 senatori settennali per alti meriti, si possono avanzare robuste critiche, essendo essa frutto di diversi compromessi al ribasso. Così configurato, il Senato assume un tono pressoché «dopolavoristico», non giustificato in maniera convincente dall’asserito ‒ invero, futuribile e modesto ‒ alleggerimento dei costi della politica, in quanto ciò sarebbe possibile anche attraverso legge ordinaria incidendo anche sui costi della Camera dei Deputati. Il tutto fa temere una sua possibile subalternità rispetto alla Camera dei deputati.
Tale debolezza di fondo potrebbe ripercuotersi sulla reale efficacia del nuovo Senato. È certo, d’altra parte, che, sia rispetto al procedimento di nomina (pertinente alle regioni) dei senatori/consiglieri regionali e dei senatori/sindaci sia per il funzionamento e l’organizzazione interna dello stesso Senato, molto dipenderà, in termini di funzionalità ed efficacia, dalla disciplina affidata, rispettivamente, alla legge elettorale per la designazione dei senatori e, soprattutto, al regolamento della seconda Camera.
Non affatto condivisibile nemmeno l’impianto complessivo dato alla riforma del Titolo V in materia di competenze legislative delle Regioni. Infatti, l’eccessiva conflittualità nell’odierno rapporto tra Stato ed Enti regionali sulle rispettive competenze, la rilevante crescita della spesa pubblica e dei fenomeni di corruzione a livello locale, sono criticità non superate adeguatamente dalla riforma in quanto forse sarebbe stato, utile e necessario, un riassetto organico delle Regioni – anche quelle a Statuto Speciale – mantenendo in vita l’Ente Provincia attraverso una diminuzione delle stesse e altre attribuzioni. Basti dire che la riduzione delle attribuzioni regionali e l’introduzione della clausola di supremazia su alcune materie (ad es. il turismo), a favore della legge dello Stato su quella delle Regioni, rappresentano un passo indietro in termini di valore dell’autonomia.
Un giudizio complessivo sulla riforma non può non tenere conto – come evidenziato da illustri Costituzionalisti – anche della scarsa qualità del testo con cui è formulata. Si tratta di limiti dovuti ai troppi compromessi resisi necessari nel corso dell’iter parlamentare per ottenere i dovuti consensi, in quanto il governo in carica ha preferito procedere badando più alla ricaduta mediatica della riforma, anziché curare i contenuti e la forma che una così cospicua impresa riformistico – costituzionale avrebbe richiesto.
Lo stesso discorso, portato avanti da molti sostenitori del SI, secondo cui la riforma potrebbe essere perfezionata in futuro, rende subito l’idea che l’impostazione riformatrice avrebbe potuto e dovuto essere sviluppata meglio, evitando così il pericolo di sminuire il ruolo di legame duraturo e intergenerazionale proprio della Carta costituzionale.
È quest’ultimo, unitamente alle valutazioni sul merito della Riforma, un punto decisivo per una valutazione attenta del testo che ha spinto l’Associazione Insieme X Eboli, nella compattezza dei suoi partecipanti e con la messa a disposizione del proprio bagaglio elettorale, a sostenere convintamente le ragioni del NO, non perché riteniamo l’attuale assetto il “migliore al mondo” ma perché si vuole dare solo una parvenza di cambiamento, quando ciò non è. Sarebbe stato più logico affrontare una discussione su una diversa forma di ordinamento, passando da una “Repubblica Parlamentare” a una “Repubblica Presidenziale o Semi-Presidenziale”, e in base a tale nuovo assetto modificare gli articoli della Costituzione in modo organico e funzionale.
10 MOTIVI PER VOTARE “NO” !!!
- Abolire l’elezione dei Senatori rappresenta la soppressione di un diritto. La riforma costituzionale rinvia a una futura legge ordinaria l’attribuzione dei seggi e di “elezione” – meglio sarebbe dire di nomina – dei Senatori. I nuovi “Senatori part-time”, perché continueranno a ricoprire anche la carica a livello locale (Art. 55 e 57 Cost.), saranno i Consiglieri Regionali e i Sindaci che, una volta nominati, beneficeranno dell’immunità parlamentare (quindi possiamo immaginare chi farà la rincorsa per sedersi sulla poltrona!);
- L’art. 70 Cost. è lunghissimo e incomprensibile. Di fatto, il Senato potrà votare una infinità di leggi complicando il bicameralismo, che si dice di voler abrogare, e attribuendo allo stesso il potere di “svolgere attività conoscitive, nonché formulare osservazioni su atti o documenti all’esame della Camera dei deputati” (Art. 70, ultimo comma);
- Con la modifica dell’art. 67 i membri del Parlamento non rappresenteranno più la “Nazione”, infatti è stato eliminato questo passaggio dall’attuale previsione, facendo intendere che dovranno rispondere non agli interessi degli italiani ma ai “poteri forti” che stanno oltre confine. Inoltre diminuisce la sovranità popolare: il nuovo art. 71 Cost. aumenta (anzi triplica!) a 150mila il numero delle firme necessarie per le leggi di iniziativa popolare;
- L’art. 72 Cost. garantirà al Governo il potere (eccessivo!) di modificare a proprio piacimento l’agenda parlamentare, garantendo una corsia preferenziale per quei Disegni di Legge che riterrà discrezionalmente più importanti. Ciò penalizzerà quei provvedimenti di iniziativa parlamentare, calendarizzate da tempo per la discussione, che possono risultare “scomodi” ad un Presidente del Consiglio per la sua attività politico/elettorale;
- Vi è un vero e proprio paradosso con la modifica degli artt. 80 e 81 Cost. in quanto la ratifica dei trattati UE continuerà ad avere una doppia lettura di Camera e Senato, invece per dichiarare guerra basterà il solo voto della Camera dei Deputati (Art. 80 Cost.). Così come resterà alla sola Camera dei Deputati il potere di approvare la legge di bilancio e di consuntivo del Governo, la quale incide sul potere di spesa delle autonomie locali e che riguarda più da vicino tutti gli italiani, in evidente contraddizione con le previsioni del nuovo Senato;
- Modifica, abbassandone drasticamente il quorum, l’elezione del Presidente della Repubblica, garante dell’unità nazionale, Capo delle Forze Armate, Presidente del C.S.M., infatti “dal quarto scrutinio è sufficiente la maggioranza dei tre quinti dell’assemblea. Dal settimo scrutinio è sufficiente la maggioranza dei tre quinti dei votanti” (Art. 83 Cost.);
- La riforma del Titolo V, che prevede la riattribuzione allo Stato centrale delle materie devolute con l’ultima riforma costituzionale alle autonomie locali, non tocca le Regioni a Statuto Speciale, le più costose, le quali conserveranno tutti i loro poteri, diritti e privilegi;
- Spariscono le Province (sbagliando perchè andavano riorganizzate, diminuite, ma non eliminate: ciò penalizzerà soprattutto i Comuni della nostra Provincia!), nascono le “Città Metropolitane”, ma le Regioni, che rappresentano il vero spreco di denaro pubblico, non vengono minimamente ristrutturate. Inoltre, per la complessa e farraginosa ripartizione delle competenze tra Stato ed Enti Locali, la riforma prevede quattro lunghi articoli (Artt. 116, 117, 118 e 119 C.);
- La riforma costituzionale, in combinato disposto con la riforma della legge elettorale, trasformerà, di fatto, l’Italia in una Repubblica presidenziale, senza adeguare gli articoli all’ordinamento voluto, di fatto, e senza quei contrappesi istituzionali volti al bilanciamento dei poteri.
La confusione (voluta!) del nuovo testo costituzionale, farà sorgere inevitabilmente una serie di conflitti di attribuzione e competenza, paralizzando le istituzioni con un rilevante aggravio economico – finanziario.
Eboli, 13 novembre 2016
Contro il tentativo di restaurazione della dittatura neofascista, vota NO.