Presentato a Eboli nella Sala Concerti di San Lorenzo “Deus ex Eboli”, il romanzo autobiografico di Gino Ciaglia.
Presenti all’appuntamento letterario, formativo e autobiografico insieme all’autore, il Sindaco Cariello, il giornalista Manzo e il regista Caponigro. Cariello: ”Eboli si riconferma una fucina di talenti artistici!” L’autore: “I sogni sono l’ossigeno dei giovani. ….quando essi s’incontrano il mondo può iniziare a cambiare.”
da Marco Naponiello
per POLITICAdeMENTE il Blog di Massimo Del Mese
EBOLI – Il centro storico si riconferma di nuovo una location privilegiata per appuntamenti culturali e stavolta tocca alla Sala Concerti di San Lorenzo, per ospitare il tanto atteso debutto del romanzo autobiografico dal taglio formativo “Deus ex Eboli“, di Gino Ciaglia, giovane intellettuale cittadino molto seguito e conosciuto per la sua fervida poliedricità, negli anni infatti il “nostro” è stato autore ed attore di diverse rappresentazioni teatrali che hanno riscosso sempre un considerevole successo.
Adesso è la volta di un’altra interessante creatura dell’autore come prima accennato, Deus ex Eboli, ovvero un romanzo dal sapore autobiografico che si inserisce bene nel filone psicologico – intimistico dei cosiddetti scritti formativi molto in voga nei due secoli addietro, una particolare species letteraria riguardante l’evoluzione del protagonista verso la maturazione e l’età adulta, ed inerente le sue origini culturali. In realtà il fine del romanzo di formazione era ab origine quello di agevolarne semplicemente una sorta d’integrazione del protagonista nell’alveo della sua società, mentre nei tempi contemporanei sarebbe invece di narrane (in maniera decisamente complessa) i sentimenti, le emozioni le speranze, spesso disilluse in un’ottica di sofferenza interiore, personaggi “interrotti”, con una psicologia dicotomica. L’opera letteraria del nostro concittadino, va detto preliminarmente, edita dalla Transeuropea edizioni è già in vendita da qualche giorno sugli scaffali della libreria Mondadori Point di Eboli e alla omologa Feltrinelli del Maximall di Pontecagnano, ed aspira a diventare in breve tempo un best seller di genere.
Nello specifico “Deus ex Eboli” racconta appunto di Gino (alter ego dello scrittore), un adolescente attento al mondo che lo circonda, a cavallo della sua moto Aprilia, trascorrere in una apparente scanzonata esistenza in una città del sud, che sarebbe precisamente Eboli, tra le suggestioni di nuovi narratori come Roberto Saviano e i riverberi culturali di Carlo Levi l’autore che ha reso immortale la nostra città nel mondo. Il protagonista nel componimento narrativo è un giovane fragile e sognatore, egli si immagina forte soltanto quando “indossa” il ruolo di centauro a lui tanto congeniale ed interpreta icasticamente la carenatura del suo motoveicolo come una sorta di moderna armatura, la quale lo renderebbe nella sua fervida immaginazione, invulnerabile alle difficoltà esistenziali, tutto l’opposto di quando invece sceso dall’Aprilia, cammina con le sue gambe, qui infatti avverte tutte le paure, le debolezze di adolescente disadattato.
Ma l’inatteso punto di svolta avviene una sera, che per coincidenza è come nella realtà odierna di fine settembre (Gino da tempo aveva purtroppo incominciato anche a percorrere le perigliose strade contigue al crimine) egli intanto che guardava alla televisione un film di Massimo Troisi, ha un improvviso attacco miocardico e rovinosamente sviene in casa. Allora Il Deus ex Machina gli si appalesa dinnanzi e gli offre la sua seconda possibilità, la redenzione da un destino tragico che appariva oramai segnato ed ineluttabile.
Il racconto si sviluppa in tal guisa con un linguaggio sciolto ed a tratti abilmente dissacrante, si dipana infatti in suggestivi 33 capitoli come gli anni della vita di Gesù, ma un stavolta abbiamo un Cristo che si è allegoricamente “fermato” nel cuore de giovane Gino, e lo aiuta nei suoi molti percorsi accidentati di anticonformista convinto: in primo luogo lo induce a riflettere sulle scelte proprie esistenziali, tenendolo cosi fermamente “per mano” nelle sue frequentazioni di adulti “sbagliati”, relazioni sentimentali incomplete e falsi idoli da dover per forza di cose dissacrare e non imitare.
Pertanto essa è in estrema sintesi la storia di una toccante, ardente tenacia figlia del desiderato riscatto socio-morale, di un giovane ragazzo del Mezzogiorno d’Italia il quale metaforicamente a mò del il fiore del loto che sboccia nella sua nivea bellezza dal nero e putrido fango, anch’egli anela nell’impianto romanzesco con forza, a volere rinascere catarticamente da una vita difficile e senza buone prospettive future, una storia simile a tante altre delle periferie meridionali.
E giungiamo al debutto da romanziere di Gino Ciglia, chè è indiscutibilmente un debutto davvero fausto, difatti la capiente Sala dei Concerti di San Lorenzo, pullulava di cittadini comuni ed “addetti ai lavori”, si notavano inoltre nelle prime file: il consigliere di maggioranza (Insieme x Ebol) Pierluigi Merola, l’event planner manager Vito Leso di Weboli, il regista cinematografico Luca Guardabascio, ed il famoso primario di cardiochirurgia, nonché medico curante del protagonista della serata, Giuseppe Di Benedetto. Un Gino Ciaglia, va per altro rimarcato, che si notava visibilmente emozionato dell’evento in suo onore, ma molto felice al contempo, della spontanea risposta di pubblico che ha offerto la sua amata città, pertanto osservava sornione l’evolversi dell’appuntamento letterario domenicale, intercalando ritmicamente battute di sano spirito e momenti d’alta riflessione sul senso aulico dell’esistenza.
La giornalista Milva Carrozza, in veste di elegante moderatrice, dai “i tempi” giusti alla serata ebolitana, introducendo via via, gli interlocutori, non prima però di aver sottolineato la bravura dell’autore e la poca dimestichezza italica coi libri in generale, che non certo nella Penisola brilliamo tradizionalmente per numero di copie vendute, i bibliofili infatti son merce rara, tutto il contrario invero, di quello che dalle prime battute sta fortunatamente capitando al romanzo-debutto dell’autore ebolitano: “Gino – in prologo dalla voce della moderatrice – dice sempre la verità, ma al contempo si duole di non essere ascoltato abbastanza!”
A seguire su invito perentorio della moderatrice stessa, interviene come primo interlocutore, il Sindaco di Eboli Massimo Cariello, che ricorda con un sorriso come abbia felicemente vaticinato in passato dei “..palcoscenici sempre più grandi, un goliardico il nostro amico, che colpisce sempre nel segno con dei momenti artistici di altissimo livello! Gino è un mite, un modesto ed ha fatto di questa sua umiltà la sua vera forza! – Termina il nostro primo cittadino – Il mondo che descrive Gino è quello della mia generazione, gli anni ’80 fatti di una società stratificata e classista, Gino apparteneva a questo mondo ed ho sempre ammirato come dalle difficoltà personali ne abbia tratto una poliedrica capacità artistica e narrativa!”
Il microfono scorre poi veloce nelle mani del regista teatrale, Antonio Caponigro, della rinomata compagnia “Teatro dei Dioscuri”, amico e stimato mentore dell’autore, il suo Deus ex Machina nel racconto come nella vita medesima, ricordando l’excursus teatrale di Ciaglia che parte nel 1991 da un laboratorio artistico, atto da subito a valorizzare la sua innata bravura recitativa, in simbiosi ad un personalissimo senso della scena, che lo porterà di lì a breve ad essere oltre che un abile attore, un talentuoso, dissacrante sceneggiatore di opere teatrali. “Ricordo con affetto – afferma il regista – la sua partecipazione inattesa all’opera Anatomia di un Ultrà, con cui abbiamo all’epoca interagita in maniera quasi perfetta, ognuno nei suoi ruoli di scena, sempre con personaggi da lui interpretati e creati, borderline, tra fantasioso e reale!”
La serata è stata inframmezzata diverse volte, dalle letture dei passi dell’opera Deus ex Eboli, da parte dei dotti ospiti, momenti sentiti tra vaporose facezie e toccanti passaggi suggellati da una pura empaticità, i quali hanno catturato i cuori e le menti dei numerosissimi astanti assisi in sala e parimenti di quelli assiepati in fondo od ai lati, che tra risa spontanee ed applausi scroscianti, si son lasciati portare rapiti, nella Neverland del romanziere.
Antonio Manzo, inviato speciale de Il Mattino di Napoli, ha posto l’accento “sulla capacità ironica dell’autore, la sua abilità nello sdrammatizzare tante situazioni, con aneddoti da dietro le quinte che hanno suscitato l’immediata ilarità dei presenti, ma al contempo ha pure sottolineato come una tale serata vada dedicata al noto cardiochirurgo e nostro concittadino anch’egli, il Prof Giuseppe Di Benedetto, cui molti ebolitani:”…direttamente o indirettamente debbono qualcosa! Poi come di sua abitudine, Antonio Manzo ha effettuato plasticamente delle “digressioni pertinenti”, su cosa significa essere meridionali e nati quindi nella generazione di Gino Ciaglia, quella a cavallo tra la fine degli anni ’60 e tutti i ’70, la progenie del post-terremoto, una generazione non certo fortunata: “Del resto, da un terremoto come da un conflitto bellico, o ci si arricchisce o ci si impoverisce, non si rimane mai uguali, una generazione per certi versi congelata, messa da parte, sperando in una sorta di futuribile patetico paternalismo dei maggiorenti cittadini!”
Prosegue il giornalista: ”La storia del protagonista è un percorso simile a diversi altri nel Meridione d’Italia, vittima ancora oggi di vetusti luoghi comuni, la parabola di Gino è quella un di giovane che si ferma appena in tempo sulla linea della perdizione, fatta di cattive compagnie, ed opera in tal modo una scelta tanto intelligente quanto coraggiosa, come nella realtà del resto fatta dall’autore, e come sempre nella “sua” realtà la personale capacità di sorridere anche di fronte a seri problemi di salute che lo angustiano da anni, ciò ne riflette la grandezza umana del personaggio!” Termina : “Come cronista giudiziario ho visto nei lustri addietro, molta gioventù perdersi, finire in galera o uccisa, mi rattristava come mi rattrista a tutt’oggi, ma la scrittura è davvero uno strumento salvifico nel Sud della Nazione, un arte difficile che regala numerose soddisfazioni, una cosa seria ed un premio per chi, e son pochi, la sa fare!”
Ed ecco dulcis in fundo, il protagonista della Kermesse Gino Ciaglia prende parola, dopo che ha volutamente gigioneggiato con gli ospiti e gli interlocutori più volte nel corso dell’appuntamento letterario, ed esordisce come di prassi sardonico: ”Mi hanno più volte paragonato, per volontà dell’editore al grande Massimo Triosi ora ad Oreste Lionello, ma voglio essere soltanto me stesso, vivere la vita nel mio caso, non giorno per giorno ma bensì minuto per minuto (trasfigurando con intelligenza e sagacia la sua malferma salute), ma ne ho tratto una mia forza vitale! – Prosegue il romanziere – I miei personaggi nascono da delle intuizioni, quasi oniriche premonizioni le quali sembrano bussare alla porta della mia mente e chiedermi di prendere vita nelle mie novelle; io ho scritto molto nella mia carriera, storie figlie di momenti e personaggi che ho vissuto e conosciuto, il senso dello stare a questo mondo con tutte le sue problematicità! – Conclude con un sussulto di fierezza cittadina – Ho scelto volontariamente di rimanere nella mia terra e di continuare ad essere un provinciale, difatti i profumi, le sensazioni, le visioni che si vedono in questi luoghi, nel silenzio della mia casa messi su carta, sono fonti inesauribile d’ispirazione e dunque se dovessi sciaguratamente perdere un giorno la mia vena artistica, smetterei con coerenza subito di scrivere, ma son felice che la mia terra sia la principale vena di stimolo artistico, grazie dell’onore che mi avete reso stasera!”
Eboli 26 settembre 2016
ringraziamo questa testata sempre attenta ai fermenti culturali jevulesi, gli altri forse hanno di MEGLIO E PIÙ CONVENIENTE cui scrivere.