Dal Terremoto del 24 agosto, al “Terremoto mediatico” al Terremoto di oggi: Ne parla l’Ingegnere Amato

A due mesi dal Terremoto di Amatrice, Accumoli e Arquata, i problemi sono irrisolti e, “mediaticità” a parte, oggi la terra ha tremato ancora.

E tra il terremoto del 24 agosto scorso, gli effetti mediatici successivi del Governo e le nuove scosse di stasera del Centro Italia, si conferma la vulnerabilità del patrimonio edilizio italiano. E di questi problemi e delle normative raccogliamo le riflessioni dell’Ing. Antonio Amato.

Antonio Amato1
Antonio Amato1

da POLITICAdeMENTE il blog di Massimo Del Mese

EBOLI – A due mesi dal terribile terremoto che ha colpito con quasi 400 vittime, di cui oltre 230 solo nel comune di Amatrice, il territorio delle province di Rieti, Ascoli Piceno e Perugia, ed in particolare i comuni di Accumoli, Amatrice e Arquata del Tronto., riceviamo e volentieri pubblichiamo l’intervento dell’ingegnere Antonio Amato, bravo e stimato professionista che da anni oltre ad essere Docente presso l’I.T.A.S. “G. Fortunato” di Eboli svolge anche la libera professione, ed in quanto tale è stato progettista, calcolatore, Direttore dei Lavori, Collaudatore di importanti opere pubbliche e private in Provincia di Salerno.

L’amico Antonio Amato, così come la maggior parte delle persone di buon senso e che hanno un minimo di conoscenza di come funziona una struttura, sia essa semplice o complessa, in muratura o mista, in Ferro o in Cemento armato, ma soprattutto, con l’esperienza tragica vissuta con il sisma del novembre ’80, e quella quotidiana, è consapevole di come sia vulnerabile il nostro patrimonio edilizio, rispetto alla convivenza inevitabile di eventi naturali e ahi noi catastrofici come il terremoto, per restare in tema, evento che non avvisa e che si può manifestare in qualsiasi momento o quello che purtroppo in diversi momenti dell’anno accade con frane, smottamenti, allagamenti, insomma disastri quotidiani, al contrario prevedibili, che non hanno nessun altro colpevole se non l’uomo, che è intervenuto con la sua azione distruttiva, e i Governi, al contrario e le istituzioni in generale fino a giungere ai comuni, perché non hanno mai saputo difendere e proteggere l’ambiente naturale.

terremoto Amatrice (Rieti), 24 agosto 2016.
terremoto Amatrice (Rieti), 24 agosto 2016.

Con naturalezza e da ingegnere, conoscitore della materia, l’Ing. Amato si offre nel fornire un suo contributo pertinente, pensando più che alle polemiche che stanno accompagnando gli eventi disastrosi di un mese fa, ma anche ad una serie di panzanate che si sono ascoltate, che purtroppo hanno reso mediatico un disastro, vieppiù oggetto di un bel po’ di persone che, nell’ergersi a “protettori” e “portatori” del nuovismo applicato all’interventismo, ma attenti, non speculativo, stanno riempiendo di sciocchezze il dopo sisma in quelle aree martoriate dalla violenza della natura, perdendo di vista i veri obiettivi che l’Ing. Amato pone e che consegna a POLITICAdeMENTE.

Mai fino ad ora, o meglio fino a Silvio Berlusconi e il suo clone giovane Matteo Renzi, si era visto trattare un evento tragico come il terremoto in uno “spettacolo mediatico“, bombardando l’opinione pubblica con una serie di banalità “guidate”, per magnificare: il soccorso che non è stato dei più rapidi e produttivi; gli interventi che non si sono affatto discostati da quelli dell’Aquila e da quelli ancor più drammatici, per estensione territoriale, danni e vittime (oltre 5000), del 1980; per la rapidità degli interventi e della ricostruzione, portando ad esempio la realizzazione di un asilo prefabbricato in 15 giorni, oltre che sottolineare che non ci saranno sprechi e ladrocini come per il passato, promettendo che si useranno altre modalità sia nelle progettazioni che nelle esecuzioni trascurando “colpevolmente” le esperienze di tecnici ed organizzazioni che hanno già operato, purtroppo nei vari terremoti che si sono verificati negli ultimi decenni in Italia, e per questo ci si è rivolto agli architetti che a loro volta, forti delle loro competenze in materia di costruzioni civili e industriali e della loro ferrata conoscenza delle reazioni delle strutture in muratura, miste e in calcestruzzo cementizio armato, a loro volta il loro Ordine, ha invitato tutti i suoi iscritti d’Italia ad inviare progetti, semmai che avevano già pronti nei cassetti, che si sarebbero dovuti realizzare in ogni dove, per dare una mano nella ricostruzione: Siamo alla casualità ricostruttiva o alla ricostruzione progettuale “sfusa e a pacchetti“.

Ebbene se è grave l’ultima volontà, è gravissima la penultima, quella di non tenere per niente in conto le esperienze che si sono maturate nei precedenti disastri, confermando come la Protezione Civile e chi ne detiene la guida e gli indirizzi politici, non ha un progetto è non persegue nella progettualitá, operando anche una implementazione ed i dovuti correttivi tesoro delle esperienze passate.

cosa-fare-in-caso-di-terremoto
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Iniziare tutto d’accappo è un atto di ingiustificata presunzione e arroganza, ricordando che, senza ricorrere alla mediaticitá della notizia sensazionale dell’asilo, proprio in quel terremoto dell’80, un altrettanto asilo nella Città di Eboli, fu realizzato in soli 5 giorni, così come il primo edificio realizzato in tutte le zone terremotate con la La L. 219/80 fu consegnato, sempre nella Città di Eboli, che ancora si rimuovevano le macerie dopo aver messo in sicurezza tutto il territorio e gli edifici con la famosa Ordinanza 80, e dopo aver assicurato un tetto ai terremotati sistemandoli in ben 250 prefabbricati leggeri, e dopo solo due anni costruiti e consegnati altrettanti 250 alloggi definitivi, ovviamente commettendo sicuramente tanti errori.

Altro che il nuovismo applicato al “Terremoto mediatico” di oggi è di quello dell’Aquila, di cui tutti sappiamo come andó a finire. Ma l’improvvisazione governativa ha fatto il bis con i recentissimi disastri che sono seguiti all’ultimo terremoto, laddove frane, smottamenti, allagamenti e alluvioni hanno devastato il Paese mentre tra un selfie e l’altro i nuovisti ci rassicuravano tra un talk show e un altro.

Riguardo poi alle abitudini incorregibili italiote delle ruberie, prima di introdurre l’intervento dell’ing. Antonio Amato, suggeriamo ai nuovisti e innovatori anche dei post-sisma, che per evitare succeda quello che si dichiara non volere, di procedere a degli arresti preventivi, sarebbe l’unico sistema, e giacché siamo in clima di Referendum, suggeriamo di introdurlo nella Nuova Costituzione, così si potrà estendere gli arresti anche a chi non la pensa come il Premier del momento.

terremoto-amatrice
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E proprio mentre scrivo una fortissima scossa di terremoto di magnitudo 5,9 gradi, si è registrata nel centro Italia. Calmi, anche se ci fa paura, c’é sempre chi si sfrega le mani e festeggia. E mentre ancora si fruga tra le macerie il Centro Italia trema. Due forti scosse con epicentro nella Valnerina, nelle Marche, hanno portato il panico nelle case degli abitanti. I due terremoti sono stati avvertiti in tutto in Centro Italia, compreso nella Capitale. La prima scossa alle 19.10 di magnitudo 5.4, la seconda di 5.9 alle 21.18.

I comuni interessati sono Ussita, Visso, e Preci tutti in provincia di Macerata. Nella zona sono saltate le linee elettriche. Tanta paura e crolli di cornicioni a Visso., La popolazione si è riversata in strada e sono numerosissime le telefonate ai vigili del fuoco. Dopo la scossa delle 19.11 sono saltati i collegamenti telefonici con Amatrice e Accumoli dove per alcuni minuti è mancata anche l’energia elettrica. Alcuni crolli si sono verificati all’interno della zona rossa di Amatrice. La scossa molto forte è stata avvertita in tutte le Marche, dalle zone terremotate dell’Ascolano ad Ancona, a Fabriano e Pesaro. Molte persone sono uscite di casa spaventate. Tantissime le chiamate ai vigili del fuoco. Non si sa ancora se ci sono stati danni.

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«Caro Massimo – scrive l’Ing. Antonio Amato – seguo sempre con attenzione il tuo blog e da qualche tempo avevo preparato alcune brevi riflessioni riguardanti il “rischio sismico” da sottoporre ai miei studenti. Ma, dopo l’ultimo evento sismico di qualche settimana fa e quello di ieri sera, ho ritenuto che, forse, questo argomento potesse riguardare una più amplia platea e per questo motivo che ho deciso di inviarti, innanzitutto come amico e vecchio compagno di scuola, queste brevi considerazioni che se vuoi puoi pubblicare.

Dopo un evento catastrofico come quello prodotto da un terremoto, – introduce l’argomento l’Ingegnere Antonio Amatotutti sono pronti a polemizzare, ma non è questo che intendo fare, mi interessa, invece, discutere del “prossimo terremoto”. Tutti sappiamo che prima o poi (forse tra 10, 50 o 100 anni) si potrà verificare un evento sismico della stessa intensità ed energia di quello che si è verificato nelle nostre zone nel novembre di 35 anni fa.

Pertanto tutti (in special modo le amministrazioni pubbliche) dovremmo prepararci allo scopo di avere quale unico obiettivo fare quanto è possibile e per quanto è a nostra conoscenza per evitare altri disastri o comunque di minimizzare gli effetti di quello che la natura del nostro territorio fa pendere sulle nostre teste o quelle dei nostri figli. Basta fare una semplice ricerca sugli eventi sismici verificatesi nell’ultimo secolo per rendersi conto che i terremoti si susseguono senza tregua per tutta la penisola italiana.

 Ma cosa si intende “fare il possibile”, personalmente penso, dal mio punto di vista, dire semplicemente che bisogna “costruire bene”. Infatti, abbiamo sempre notato che, in caso di sisma, i problemi più gravi cioè quelli con la perdita anche di vite umane, sono quelli che riguardano gli edifici vecchi o costruiti male. Vorrei, a questo punto, fare una breve cronistoria di come si sono evolute in Italia le Norme Tecniche sulle Costruzioni che in ogni caso costituiscono un orientamento utile per i tecnici del settore. La prima legge italiana che introduce norme di carattere antisismico è la:

  • Legge 2/2/74 n.64 “Provvedimenti per le costruzioni con particolari prescrizioni per le zone sismiche” ed il conseguente
  • DM LL.PP. del 3/3/75 “Norme tecniche per le costruzioni in zone sismiche”.

Rammento che fino al terremoto del 1980 il territorio di Eboli non rientrava tra le cosiddette zone sismiche. Infatti, con la nuova zonizzazione, successiva al sisma del 1980 fu emanato il:

  • DM LL.PP. del 3/6/1981 “Aggiornamento delle norme tecniche per le costruzioni in zone sismiche” ed in particolare il successivo DM LL.PP. “Normativa per le riparazioni e il rafforzamento degli edifici danneggiati dal sisma in Basilicata, Campania e Puglia. In seguito saranno emanati i:
  • DM LL.PP. del 24/1/86 “Norme tecniche relative alle costruzioni in zone sismiche”;
  • DM LL.PP. del 20/11/87 “Norme tecniche per la progettazione, esecuzione e collaudo degli edifici in muratura e per il loro consolidamento”.

Mi preme, a questo punto, ricordare che un evento sismico alquanto modesto si verificò il 31/10/2002 (5.8 Richter) a San Giuliano di Puglia in provincia di CB e che provocò il crollo della scuola elementare dove morirono 27 bambini ed una maestra. Da questa tragedia ne scaturì un’accelerazione alla emanazione di nuove norme e nuovi criteri. Infatti, fu istituito un Gruppo di Lavoro formati dai migliori docenti e specialisti delle Università italiane con apposito decreto del 4/12/2002.

Il Gruppo di Lavoro ritenne indispensabile innovare profondamente le norme allora vigenti con l’introduzione di una nuova filosofia ed adottando, per tutto il territorio nazionale, soluzioni coerenti con il sistema di norme europee (Eurocodice 8) ed in linea con quelle contenute nelle normative di altri paesi come USA, Giappone, Nuova Zelanda ecc. Pertanto con le Ordinanze:

  • O.P.C.M. del 20/3/2003 “Classificazione sismica del territorio” (Nuovi criteri)
  • O.P.C.M. del 8/5/2003 “Nuove norme tecniche” e successivamente con
  • Decreto Ministero Infrastrutture del 14/1/2008 “Nuove norme tecniche per le costruzioni”
  • Circolare Min. Infr. e Trasporti del 2/2/2009 n.617 “Applicazione delle Norme Tecniche per le costruzioni” che costituiscono le norme tuttora vigenti si sono riformate profondamente le normative relative alle costruzioni.

Le differenze sostanziali tra le vecchie e le nuove norme sono consistite nell’abbandono delle cosiddette norme prescrittive e l’utilizzazione di una impostazione prestazionale con obiettivi di progettazione ben definiti e dichiarati. In termini molto semplici e spero comprensibili vengono considerati, in funzione della probabilità di un avvenimento sismico, essenzialmente, due livelli di progettazione:

  1. Per effetto di un evento sismico che abbia una probabilità di accadimento del 10% in 50 anni, le strutture portanti non devono collassare, anche se sono ammessi gravi danni. (SLU: Stato limite ultimo);
  2. Per effetto di un evento sismico che abbia una probabilità di accadimento del 50% in 50 anni (terremoti di modesta energia dissipata), le strutture non devono subire danni tali da provocarne interruzioni nell’uso. (SLE: Stato limite di esercizio).

Inoltre per tutto il territorio nazionale, grazie alla nuova mappatura eseguita dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), non vi sono più zone sismiche e zone non sismiche ma una diversa valutazione dei parametri sismici in funzione dell’accelerazione al suolo derivata dalle analisi e dagli studi sulla propagazione delle onde sismiche.

Mi preme sottolineare un altro aspetto innovativo introdotto nelle nuove norme tecniche a cui è dedicato un intero capitolo (Cap. 8) “Costruzioni esistenti” per le quali è prevista la VALUTAZIONE DELLA SICUREZZA attraverso:

  • Analisi storico-critica;
  • Rilievo;
  • Caratterizzazione meccanica dei materiali;
  • Livelli di conoscenza e fattori di confidenza;
  • Azioni

Il tutto, sia per costruzioni in muratura, sia in c.a. o in acciaio ed anche per edifici misti e dalla quale si deve dedurre il progetto di intervento che potrebbe essere sia di:

  • Adeguamento (in caso di soprelevazione o ampliamenti oppure per variazione di classe d’uso o di destinazione) con verifiche pre e post interventi; 
  • Sia di Miglioramento (aumento della sicurezza).

Orbene, credo che le Pubbliche Amministrazioni dovrebbero, innanzitutto, eseguire una sorta di inventario dei loro edifici (Scuole, Municipi, Caserme, Uffici Pubblici, ecc.) ed analizzare concretamente il rischio sismico, in special modo per quelle costruzioni con funzioni pubbliche o strategiche importanti, anche in riferimento alla gestione della protezione civile in caso di calamità (Classe IV delle classi d’uso). Qualcosa del genere il Governo lo sta attuando inserendo nella Legge di Stabilità appositi fondi, in particolare per le scuole.

Ricordiamo che, purtroppo, il nostro patrimonio edilizio è piuttosto datato e per certi aspetti abbastanza vetusto. Molte delle nostre scuole (in cui i nostri figli o nipoti trascorrono circa 1/5 dell’intera giornata) sono state realizzate in epoche antecedenti alla classificazione sismica del nostro territorio e costruite quindi in assenza di norme antisismiche specifiche.

Inoltre la scarsa o inesistente manutenzione, sempre per mancanza di risorse economiche, comporta il degrado dei materiali con fenomeni di carbonatazione del calcestruzzo, ossidazione dei ferri di armatura, distacchi di copriferro ecc. Sono quindi dell’opinione che prima di spendere soldi per l’efficienza energetica degli edifici (cosa peraltro altrettanto importante) vada eseguito, previo studio dettagliato, l’efficientamento delle strutture allo scopo di migliorare la sicurezza degli edifici, in primo luogo quelli di interesse pubblico.

Per quanto concerne, poi, l’edilizia privata, credo che maggiore attenzione vada riposta nella riqualificazione degli edifici esistenti, non solo dal punto di vista architettonico e funzionale, ma prima di tutto in riferimento al rischio sismico e quindi all’efficienza delle strutture portanti dei fabbricati esistenti.

Anche in fase di programmazione urbanistica, bisognerebbe avere, con un po’ più di coraggio, e prevedere interventi di sostituzione dell’esistente anche con premialità volumetriche e quindi dare maggiore impulso alle ristrutturazioni urbanistiche con la demolizione di vecchi edifici (non storici) inefficienti e pericolosi sia per chi li occupa sia per l’intera comunità.

In tal modo, un ordinato sviluppo urbanistico permetterebbe innanzitutto di non occupare ulteriori suoli liberi ma prevedere un più organico assetto della città con ampliamenti di strade e spazi pubblici, di nuove zone da destinare a verde pubblico all’interno del perimetro urbano e la realizzazione di strutture interrate per la sosta degli autoveicoli.

Il riassetto urbano permetterebbe di eliminare quelle strozzature e storture che si sono accumulate negli anni per effetto dello sviluppo caotico avvenuto negli anni ’60 ed inoltre potremmo e dovremmo dare maggiore impulso alla qualità del prodotto edilizio anche dal punto di vista strettamente architettonico senza avere il timore di sviluppare nuove idee. Anche per questo credo che si potrebbero indire concorsi per la riqualificazione di interi quartieri attraverso il ridisegno di pezzi di città con commissioni seriamente composte e costituite da esperti anche internazionali.

Grazie dell’attenzione».

Eboli, 27 settembre 2016

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